Referendum 2025: possibili impatti per le PMI
L’8 e 9 giugno 2025 gli italiani saranno chiamati ad esprimersi su cinque quesiti referendari. I temi sono tecnici, ma cruciali: lavoro, appalti, contratti e cittadinanza. Questioni che, anche se non nominate esplicitamente, toccano da vicino il mondo delle piccole e medie imprese italiane. In un Paese dove le PMI rappresentano il 98% del totale delle imprese e generano oltre il 65% del valore aggiunto del settore privato, ogni variazione normativa ha effetti tangibili e diffusi.
I cinque quesiti referendari toccano un equilibrio delicato tra flessibilità del lavoro e diritti, tra semplificazione normativa e responsabilità condivisa. Alcune modifiche proposte, quella sulla cittadinanza, avvicinerebbero l’Italia a Paesi come Francia, Belgio e Irlanda, che già adottano soglie simili. Altre, come il rafforzamento della responsabilità solidale negli appalti, introdurrebbero un modello più esteso rispetto a quanto previsto attualmente in molti Stati europei, aumentando l’impegno del committente nella tutela della sicurezza. Vediamo ora nel dettaglio i contenuti dei quesiti e i possibili impatti per le PMI.
1. Licenziamenti illegittimi e contratto a tutele crescenti
Dal 2015, nelle aziende con più di 15 dipendenti, le nuove assunzioni avvengono tramite contratti a tutele crescenti. In caso di licenziamento ritenuto illegittimo, il lavoratore ha diritto a un’indennità economica che varia tra le 4 e le 24 mensilità, ma solo in eccezionali casi può ottenere il reintegro nel posto di lavoro. Se il primo quesito venisse approvato, si tornerebbe a prevedere il reintegro in caso di licenziamento ingiustificato, anche per i contratti attivati dopo il 2015,.
Effetto sulle PMI: le imprese con più di 15 dipendenti dovrebbero affrontare un aumento delle tutele reali per i dipendenti, che comporterebbe una maggiore attenzione nella gestione del personale e una potenziale cautela nelle assunzioni. Tuttavia, per le microimprese (sotto i 15 dipendenti) non cambierebbe nulla su questo punto.
2. Indennità per licenziamenti nelle piccole imprese
Nelle aziende con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo, l’indennità economica riconosciuta al lavoratore non può superare le 6 mensilità. Il giudice dispone di un margine di manovra molto ridotto. L’approvazione del secondo quesito eliminerebbe questo tetto, lasciando al giudice piena libertà di definire l’ammontare del risarcimento, in base alla gravità dell’ingiustizia e alle condizioni del lavoratore.
Effetto sulle PMI: questo è uno dei quesiti con impatto più diretto sulle PMI. Si allargherebbe la responsabilità economica in caso di licenziamento irregolare, aumentando l’esposizione al rischio legale. Le imprese sarebbero chiamate a gestire con maggiore precisione ogni interruzione di rapporto di lavoro, anche per evitare costosi contenziosi. Potrebbe però anche incentivare una cultura organizzativa più attenta e strutturata.
3. Contratti a termine
Attualmente, le aziende possono stipulare contratti a tempo determinato senza indicare una motivazione specifica (la cosiddetta “causale”) per i primi 12 mesi. Solo dopo il primo anno è obbligatorio motivare il ricorso al contratto a termine, ma le causali sono spesso vaghe e oggetto di contrattazione. Se il terzo quesito fosse approvato, la causale diventerebbe obbligatoria fin dal primo giorno, imponendo alle aziende di motivare in modo chiaro e documentabile l’utilizzo di un contratto a termine già dalla prima assunzione.
Effetto sulle PMI: per molte PMI che fanno ricorso a contratti a termine per esigenze flessibili e stagionali, questa misura rappresenterebbe un vincolo operativo significativo. Ridurre la flessibilità potrebbe rallentare la risposta al mercato e aumentare la burocrazia. Al tempo stesso, potrebbe incentivare percorsi di stabilizzazione e investimenti nel capitale umano per le aziende consolidate.
4. Responsabilità solidale negli appalti
Attualmente, quando un’impresa committente affida lavori a un appaltatore o subappaltatore, può essere ritenuta responsabile in solido per eventuali infortuni sul lavoro. Tuttavia, non risponde se l’infortunio deriva da un rischio specifico dell’attività dell’appaltatore — ad esempio, l’uso di un macchinario pericoloso esclusivo di quella ditta. Di fatto, esistono situazioni in cui la responsabilità può essere “scaricata” sull’appaltatore. Con l’approvazione del quarto quesito, questa eccezione verrebbe eliminata: il committente sarebbe sempre corresponsabile, anche quando l’infortunio dipende da rischi specifici dell’appaltatore. Questo comporterebbe un coinvolgimento pieno del committente nella prevenzione dei rischi in ogni fase dell’appalto.
Effetto sulle PMI: le PMI che operano come committenti o appaltatori (soprattutto nel settore edilizio, logistico o manutentivo) vedrebbero crescere il livello di responsabilità. Sarebbe necessario rafforzare i controlli interni, le verifiche di sicurezza e la selezione dei fornitori. Sul piano reputazionale, però, potrebbe diventare un vantaggio competitivo per chi opera con trasparenza e nel rispetto delle norme.
5. Cittadinanza italiana dopo 5 anni di residenza legale
Attualmente, uno straniero non appartenente all’Unione Europea può richiedere la cittadinanza italiana solo dopo 10 anni di residenza legale e continuativa, a condizione di disporre di un reddito adeguato, di non avere precedenti penali e di conoscere la lingua italiana. Se il quinto quesito venisse approvato, il requisito di durata della residenza verrebbe dimezzato, passando da 10 a 5 anni. Tutti gli altri criteri resterebbero invariati. La misura avrebbe l’effetto di velocizzare l’ottenimento della cittadinanza per chi è già integrato nella società italiana.
Effetto sulle PMI: Per le PMI che impiegano lavoratori stranieri — in particolare nei settori a maggiore incidenza di manodopera estera come agricoltura, logistica, ristorazione ed edilizia — la modifica proposta potrebbe rappresentare un’opportunità concreta. Se approvato, il quinto quesito renderebbe immediatamente eleggibili alla cittadinanza oltre 2,1 milioni di persone già residenti in Italia da almeno cinque anni. Questo potrebbe favorire una maggiore integrazione sociale, rafforzare la stabilità dei rapporti di lavoro e consolidare relazioni professionali più durature. Inoltre, offrirebbe un ulteriore incentivo alla permanenza nel Paese, contribuendo a contrastare la preoccupante carenza di manodopera qualificata.
In conclusione, l’esito del referendum del 2025 potrebbe ridefinire in modo profondo il contesto normativo e operativo in cui le PMI italiane si muovono ogni giorno. Dalle politiche occupazionali alla gestione degli appalti, passando per l’inclusione della forza lavoro straniera, i cambiamenti proposti potrebbero trasformarsi in nuove sfide o in leve strategiche, a seconda della capacità di anticipare e adattarsi.
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