I-AER Index: I trimestre 2025


Un termometro dell’economia reale

Lo I-AER Index è uno strumento di analisi che monitora l’andamento economico, patrimoniale e finanziario delle piccole e medie imprese italiane, restituendo una fotografia tempestiva dello stato di salute del sistema produttivo nazionale. Basato su un campione rappresentativo di imprese attive nei settori produzione (38%), servizi (38%) e commercio (24%), l’indice include prevalentemente aziende familiari (66%), di cui quasi una su cinque (17%) sta affrontando un passaggio generazionale, e realtà di piccola dimensione: il 65% ha meno di 50 dipendenti.

Nel primo trimestre del 2025, lo I-AER Index segnala un contesto complesso e disomogeneo: lievi segnali di crescita si affiancano a pressioni crescenti sulla redditività e sulla solidità finanziaria, con forti differenze tra settori. Il quadro che emerge è quello di un sistema imprenditoriale che, pur mostrando capacità di adattamento, deve confrontarsi con nuove fragilità strutturali e sfide ancora aperte.


Fatturato: segnali di resilienza, ma attenzione alla manifattura

Nel primo trimestre 2025, il fatturato complessivo delle PMI italiane registra un lieve incremento (+0,5%) rispetto allo stesso periodo del 2024. Un dato che, se letto isolatamente, potrebbe suggerire una certa stabilità. Tuttavia, l’analisi settoriale rivela un panorama molto più articolato:

Figura 1: Andamento del fatturato – 2024 Vs. 2025 [Gennaio-Marzo]

A trainare la performance è il settore dei servizi, che mette a segno un balzo del +16,7% grazie al dinamismo di comparti ad alto valore aggiunto come consulenza, logistica, tecnologia e servizi digitali. Ben diversa è la situazione per la manifattura e il commercio, entrambi in territorio negativo. Il settore produttivo arretra del -3,2%, penalizzato dall’alto costo delle materie prime, dal rallentamento delle esportazioni e da una crescente difficoltà nel trasferire i rincari ai clienti. Il commercio, invece, registra un calo del -2,3%, segno di una domanda interna ancora debole, aggravata da comportamenti di consumo più cauti e da margini sempre più compressi.

Implicazioni strategiche: le imprese manifatturiere sono chiamate a rafforzare la propria efficienza operativa, puntando su maggiore efficienza operativa, automazione e strategie di internazionalizzazione più mirate. Per i servizi, invece, si apre una finestra strategica: è il momento di consolidare i modelli scalabili, investire nella fidelizzazione della clientela e prepararsi a una possibile normalizzazione della crescita nei trimestri successivi.


Redditività: margini sotto assedio

L’analisi della redditività operativa (EBITDA) restituisce un quadro critico: nel primo trimestre 2025 le PMI italiane registrano un calo medio del -15,9% rispetto allo stesso periodo del 2024. Un dato che conferma la crescente difficoltà nel preservare i margini operativi in un contesto di costi persistenti e pressione competitiva.

Figura 2: Andamento della redditività – 2024 Vs. 2025 [EBITDA Gennaio-Marzo]

Figura 3: Andamento della redditività – 2024 Vs. 2025 [ROS Gennaio-Marzo]

Le maggiori criticità emergono nei settori produzione e commercio, dove la caduta dell’EBITDA supera il 24% e i Return on Sales (ROS) si attestano su livelli molto bassi o addirittura negativi. In particolare, il ROS della produzione è a -1,7%, indicando che molte aziende operano in perdita netta, non riuscendo a coprire i costi fissi nemmeno in condizioni ordinarie.

Le cause sono molteplici e strutturali: aumento dei costi di input, scarsa elasticità nei prezzi di vendita, esposizione alla stagionalità della domanda e bassa efficienza operativa. Le imprese commerciali, seppur meno in sofferenza sul fronte ROS (4,5%), evidenziano dinamiche simili, con redditività sempre più compressa.

Fa eccezione il settore dei servizi, che limita la flessione dell’EBITDA a -1,6% e mantiene un ROS elevato (5,8%). Queste imprese riescono a proteggere i margini grazie alla scalabilità dei modelli di business, alla bassa incidenza dei costi fissi e alla flessibilità operativa.

Implicazioni strategiche: per le imprese in difficoltà, è prioritario intervenire su tre fronti:

1.     Ristrutturare i costi, migliorando produttività e lean management.

2.     Riposizionare l’offerta su segmenti meno esposti alla concorrenza di prezzo.

3.     Rivedere la struttura dei prezzi, puntando su una proposta di valore più chiara e differenziata.

Nel medio periodo, sarà cruciale ripensare i modelli di business, rendendoli più agili, digitalizzati e orientati alla generazione di valore sostenibile.

 


Liquidità: tenuta globale, ma forti squilibri interni

L’indice di liquidità – che misura la capacità delle imprese di coprire le passività correnti con le attività a breve termine – evidenzia nel primo trimestre 2025 una lieve flessione a livello aggregato, passando da 0,79 a 0,76 (-4,6%). Una variazione contenuta, che però maschera divergenze settoriali profonde:

Figura 4: Andamento della liquidità – 2024 Vs. 2025 [Indice di liquidità Gennaio-Marzo]

Il settore commerciale si conferma il più fragile: con un indice di 0,54, ampiamente sotto la soglia di sicurezza (tipicamente fissata a 1), queste imprese risultano sistematicamente esposte al rischio di tensioni di cassa. A determinare questa criticità contribuiscono rotazioni lente del magazzino, dilazioni nei pagamenti da parte dei clienti e margini operativi ridotti, che ostacolano la generazione di liquidità interna.

Anche la produzione mostra segnali di deterioramento, con un calo del -12,2%, che riflette sia la riduzione di fatturato sia l’incremento dei costi operativi non compensati da una gestione efficiente del capitale circolante.

In netto contrasto, il settore dei servizi registra un miglioramento della liquidità (+12,7%), portandosi sopra la soglia critica (1,02). Questo risultato è riconducibile a modelli di business meno asset-intensive, con bassa incidenza di scorte e immobilizzi, oltre a flussi di cassa più rapidi e regolari.

Implicazioni strategiche: per le imprese in difficoltà, è urgente attivare azioni di riequilibrio finanziario, tra queste:

·       Rinegoziare i tempi di pagamento con clienti e fornitori per migliorare i flussi di cassa.

·       Ottimizzare la gestione del magazzino per ridurre il capitale bloccato in scorte.

·       Accedere a finanziamenti agevolati o garanzie pubbliche per evitare un eccessivo ricorso a debiti a breve termine non strutturati.


Solidità: leva finanziaria in aumento, soprattutto nel commercio

Nel primo trimestre 2025, l’indice di leverage – che misura il rapporto tra debiti e patrimonio netto – risulta in aumento in tutti i settori, segnalando una crescente dipendenza delle PMI italiane dalla leva finanziaria per sostenere l’attività operativa.

Il dato più critico riguarda il commercio, dove il leverage raggiunge un livello di 4,42, ben oltre la soglia di attenzione generalmente considerata pari a 3. Questa situazione è resa ancora più preoccupante dal doppio deterioramento già osservato su redditività e liquidità: una tripla fragilità che espone molte imprese a un rischio sistemico di insolvenza, anche in caso di shock moderati (ritardi nei pagamenti, calo temporaneo della domanda, stretta creditizia).

Anche il settore dei servizi mostra una dinamica rilevante, con un incremento del leverage del 12,3%. Pur partendo da valori più contenuti, il rapido aumento suggerisce un possibile ricorso eccessivo a finanziamenti per sostenere la crescita, con il rischio di squilibri se i flussi attesi non si materializzano. La produzione presenta invece un aumento più contenuto, ma costante, che riflette un’accumulazione graduale di debito, forse per far fronte a investimenti rimandati negli anni precedenti.

Figura 6: Andamento complessivo – 2024 Vs. 2025 [Riepilogo Gennaio-Marzo]

Cosa ci dicono questi dati? Il ricorso alla leva finanziaria non è di per sé negativo, se orientato alla crescita e supportato da margini adeguati. Tuttavia, quando diventa un meccanismo per coprire spese correnti o compensare perdite operative, segnala un deterioramento strutturale della sostenibilità aziendale.

Le azioni consigliate per rafforzare la solidità patrimoniale includono:

·       Cercare capitale paziente, ad esempio coinvolgendo equity partner o utilizzando strumenti finanziari ibridi (tra debito e capitale).

·       Avviare piani di ricapitalizzazione interna, reinvestendo gli utili e limitando prelievi o distribuzione di dividendi.

·       Ristrutturare il debito esistente, con particolare attenzione a quello a breve termine o a tasso variabile, negoziando condizioni più sostenibili.

·       Sfruttare le misure pubbliche disponibili a sostegno della patrimonializzazione, come incentivi fiscali o garanzie statali.

In un contesto in cui la stretta creditizia è una possibilità concreta, solo le imprese con una struttura patrimoniale solida potranno continuare a investire, innovare e crescere. La parola d’ordine è riequilibrio: tra debito e capitale, tra crescita e prudenza.


Previsioni: ottimismo selettivo, trainato dai servizi

 

Le ultime rilevazioni di maggio 2025 indicano un moderato ottimismo tra le PMI italiane. L’indice di fiducia delle imprese è salito a 93,1 punti (+1,5 rispetto ad aprile), segnalando aspettative in lieve miglioramento, soprattutto nei servizi (+3,1 punti). Anche il commercio mostra segnali positivi, mentre la manifattura resta più cauta.

Nonostante questo, le previsioni indicano un lieve ridimensionamento delle aspettative di crescita complessiva del fatturato per l’anno in corso. In particolare, la crescita aggregata stimata passa dall’8% al 6%, a causa soprattutto del rallentamento atteso nei settori della produzione (dal 5% al 3%) e del commercio (dall’11% al 5%). Rimane invariata invece la proiezione per i servizi, che si confermano il comparto più dinamico, con un’espansione stimata del 13%.

Tuttavia, questo scenario si regge su ipotesi macroeconomiche ancora incerte:

·         Stabilizzazione dei tassi d’interesse: la BCE ha tagliato i tassi a giugno 2025, non sono previsti ulteriori interventi entro fine anno.

·         Raffreddamento dell’inflazione: il tasso annuo è sceso all’1,7%, in linea con l’obiettivo europeo.

·         Ripresa dei consumi interni, sostenuta da un’inflazione più bassa.

·         Tenuta dell’export, ma con incertezze legate al contesto geopolitico.

Questo aggiornamento rafforza l’esigenza di adottare un approccio prudente e selettivo alla crescita, monitorando costantemente i segnali del mercato e ricalibrando le strategie operative in modo flessibile.

Il rischio? Un clima di fiducia in ripresa, se non accompagnato da scelte consapevoli, potrebbe indurre alcune imprese a trascurare la necessità di rafforzare la propria struttura finanziaria. In realtà, è proprio nei momenti di apparente stabilità che si rivela più efficace investire in pianificazione strategica, gestione del rischio e capacità di adattamento operativo.

Lettura strategica: le PMI che oggi razionalizzano i costi, fidelizzano la clientela e diversificano mercati e fornitori, saranno in posizione di vantaggio per intercettare eventuali rimbalzi o contenere l’impatto di nuove instabilità nei prossimi mesi.

Conclusioni: servono azioni mirate, non attese passive

Il primo trimestre 2025, secondo l’I-AER Index, delinea un sistema imprenditoriale che resiste, ma non si rafforza. Il rallentamento della ripresa, unito alla persistenza di fragilità strutturali – in primis bassa patrimonializzazione, margini compressi e tensioni sulla liquidità – impone una riflessione profonda sul modello di crescita delle PMI italiane.

Per affrontare con efficacia il contesto attuale, servono azioni concrete, tempestive e differenziate per settore. Tre sono le priorità strategiche da cui ripartire:

  1. Rafforzare la struttura patrimoniale e finanziaria, anche ricorrendo a strumenti alternativi al credito bancario tradizionale: private capital, equity partner e finanza agevolata.
  2. Innovare prodotti e processi per recuperare marginalità, migliorare l’efficienza e aumentare la competitività, soprattutto nelle filiere manifatturiere più esposte.
  3. Diversificare mercati e canali, in particolare per le imprese commerciali, oggi strette tra il calo dei consumi e la pressione della concorrenza online.

In questo contesto, lo I-AER Index si conferma una bussola preziosa: un osservatorio empirico sull’economia reale che consente alle imprese di anticipare i trend, individuare i punti di fragilità e orientare con lucidità le decisioni strategiche.

Non è il momento di aspettare. È il momento di scegliere.

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