Trend energetici: prospettiva 2022-2050
I paesi firmatari dell'Accordo di Parigi (cioè tutti i quasi 200 paesi del mondo) sono chiamati a prendere parte al percorso individuato dalla conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021, che ha l’obiettivo di tenere il riscaldamento globale sotto 1,5°C dai livelli preindustriali. Nonostante il conflitto ucraino e la lenta risoluzione della crisi pandemica renderanno ancora più inavvicinabile la soglia di 1,5°C incrementando ulteriormente l’incertezza in molti mercati, siamo ugualmente in grado di effettuare delle previsioni in termini di domanda e offerta di energia avendo come punto di riferimento la transizione energetica a lungo termine e il percorso di decarbonizzazione attese da tempo.
Considerando che il settore energetico è responsabile di quasi tre quarti delle emissioni che hanno già causato l’aumento delle temperature medie globali di 1,1 °C in più rispetto all’era preindustriale, quali saranno quindi i trend e i parametri fondamentali a lungo termine che impatteranno maggiormente sulle fonti energetiche fino al 2050?
Per prima cosa è necessario sottolineare come nei prossimi decenni il consumo totale di energia è previsto crescere “solamente” del 14% infatti, sebbene la popolazione mondiale conterà di 2 miliardi di unità in più, la maggiore efficienza per unità di energia fornita dal progresso tecnologico fungerà da inibitore del nostro compulsivo utilizzo (e spreco) di energia. In questo scenario l’elettrico e l’idrogeno peseranno complessivamente per il 50% sul consumo finale di energia e l’80% di questa energia elettrica sarà ottenuta da fonti di energia rinnovabile.
Una rivoluzione a basse emissioni si sta facendo attendere ormai da tempo e una delle cause principali è sicuramente la forte risalita della domanda di petrolio post-Covid. Il grande sforzo compiuto nelle energie rinnovabili e nella mobilità elettrica non è riuscito a soddisfare la ripresa economica mondiale cedendo il passo al ritorno del petrolio con picchi storici nelle emissioni di CO2. Per assistere a un inversione di questo andamento dovremo aspettare fino al 2024, anno in cui si assisterà ad una presenza sostanziale di veicoli elettrici – già 6 milioni di unità nel 2021 – e un definitivo abbandono del gasolio per il riscaldamento. Così facendo la domanda di petrolio sarà del 35-50% inferiore, non sufficientemente grande per contrastare il cambiamento climatico.
Per quanto riguarda la domanda di gas naturale la prospettiva di crescita quantificata è del 10% nel decennio 2020-2030 e successivamente, a seconda dei vari scenari che si prevedono per il futuro, si verificherà una riduzione più o meno marcata grazie alle politiche di decarbonizzazione e elettrificazione. Poiché l'elettricità assorbirà una quota progressivamente maggiore delle bollette energetiche, dovranno essere i governi stessi a garantire che i mercati dell'elettricità siano resilienti, incentivando gli investimenti in flessibilità ed efficienza e risposta alla domanda. Inoltre, nel settore industriale e edilizio il crescente interesse per l'idrogeno a basse emissioni di carbonio avrà un forte impatto sull’utilizzo di gas naturale e offrirà un riparo contro gli shock del suo prezzo.
A tal proposito il settore dei trasporti, dello stoccaggio di energia e i nuovi processi industriali potrebbero portare l’idrogeno a ottenere una quota 5 volte superiore nel mix delle fonti di energia primaria utilizzabili per l’uso diretto. Ad oggi la produzione dell’idrogeno risulta tutt’altro che “green” in quanto è ottenuto per il 70% da combustibili fossili, vero è che il futuro si stima essere di gran lunga più sostenibile:
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In uno scenario in cui tutti i paesi mettono in pratica le misure annunciate per ridurre le emissioni di CO2, si prevede una produzione di idrogeno più che raddoppiata, con l’elettrolisi da fonti rinnovabili responsabile di oltre il 50% della produzione, rispetto allo 0,03% attuale.
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In uno scenario più ambizioso che consentirebbe il contenimento delle temperature globale al di sotto di 1,5°C, la produzione totale sarebbe quintuplicata: l’elettrolisi da fonti rinnovabili contribuirebbe al 60% del totale, mentre la produzione da fonti fossili senza sistema di cattura della CO2 e quello da scarto di raffineria sarebbero pressoché azzerati.